PLATERO E IO

COME NASCE IL PROGETTO

Da un’idea di Maria Virginia Marchesano e Valerio Celentano

Prima rappresentazione:  9 febbraio 2007 Teatro San Genesio (SA)

Platero e io è un iter emotivo che conduce lo sguardo dello spettatore su tre piccole finestre drammatiche, che si aprono nella storia della vita di un asinello andaluso, Platero.
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Juan Ramon Jimenez e nato da un’idea di Maria Virginia Marchesano e Valerio Celentano, narra la storia dell’amicizia tra un asino ed un poeta, rapporto che viene preso a prestito per maturare riflessioni di ben più ampio respiro sul senso della vita e della morte.

Il lavoro coreografico non propone una ricostruzione narrativa del racconto, bensì l’evocazione di stati emozionali tratteggiati nel testo.
Lo spettacolo è suddiviso in tre quadri, all’interno dei quali il filo conduttore è l’evolversi del ciclo delle stagioni che si legano al naturale decorso evolutivo della vita dell’asinello: la nascita, la vita e la morte.

SINOSSI

La voce recitante (dell’omonima versione di Mario Castelnuovo Tedesco per voce narrante e chitarra) è sostituita dal corpo danzante, per un allestimento che alterna momenti dialogici, tra la chitarra classica e la danza, a momenti in cui gli sviluppi coreografici sono accompagnati, fusi e contrapposti a brani di Franco Battiato, Caetano Veloso, Goffredo Petrassi, Rudolf Rutman, Morton Subtonik, MariaPia De Vito, Keith Jarrett. Il risultato è una robusta e vigorosa eterogeneità musicale, con incursioni nella musica jazz, folk, elettronica e sperimentale.

Il collante dell’intero spettacolo rimane l’evolversi delle stagioni, lo sfiorire della vita dell’asinello, il vuoto dell’abbandono. Platero ed io racchiude in sè uno scambio di energie tra musica e danza, un’elegia del mondo bucolico, ma anche una riflessione sulla vita, la morte, la solidarietà o, ancora, il dialogo tra la chitarra e la danzatrice, il poeta e l’asinello

Il linguaggio coreografico è pensato non  comela  realizzazione di un’estetica in cui ad ‘informare’ il gesto è l’esperienza retorica legata al tecnicismo accademico, ma l’idea.