Coreografia: MARIA VIRGINIA MARCHESANO

Interpreti: DANIELE DI SALVO, MARIA VIRGINIA MARCHESANO

Musica: GIANLUCA ALESSI

Supervisione artistica: SIMONA BUCCI

Prima rappresentazione: 26 febbraio 2021 Teatro Cantiere Florida (Firenze)

COME NASCE IL PROGETTO

La storia del pensiero umano e del pensiero artistico è da sempre irradiata da immagini spesso femminili vagheggiate dagli scrittori, disegnate dai pittori, scolpite nel marmo dagli scultori che come il corpo della Venere di Milo, la testa della Gioconda, la figura di Manon Lescaut commuovono e  soggiogano con uno strano fascino la nostra anima.

Vivono immortali nel cuore dell’uomo, e turbano sempre tutti gli artisti, tutti i sognatori, tutti quelli che perseguono un desiderio ardente, una forma di bellezza intraveduta e inafferrabile.

Questo perché il dolore e l’amore sono strade difficili e tortuose e quelle anime che decidono di percorrerle appartengono a viaggiatori coraggiosi che si feriscono i piedi, si straziano le mani, ma, allo stesso tempo, lasciano sui rovi delle siepi le spoglie del vizio e arrivano alla meta in quella nudità di cui non si arrossisce.

E’ il deserto esistenziale: il viaggio alla ricerca di sé stessi.

Spesso si tratta di un percorso dove non sempre è chiara la meta, ci si ritrova a camminare coscienti solamente di essere una piccola tessera di un mosaico grande come l’ umanita’ intera, e come una piccola tessera sicuri soltanto di far parte integrante di un tutto che racchiude passato, presente e futuro.

Alexandre Dumas ne La signora delle camelie scrive di come il cristianesimo, con la parabola del figliuol prodigo consiglia l’indulgenza e il perdono : Gesù era pieno d’amore per le anime ferite  dalle passioni degli uomini, di cui amava curare le piaghe traendo il balsamo che le avrebbe guarite dalle piaghe stesse. Così diceva  a Maddalena “molto ti sarà perdonato perché molto hai amato”.

E’ stato proprio riflettendo sulla tematica esistenziale del deserto esistenziale che è il progetto coreografico “Deserto”.

Ed è stato così che scremando temi, movimenti, musiche e sensazioni mi sono naturalmente imbattuta a guardare con occhi diversi delle figure “desertiche” che da sempre mi affascinano e verso le quali provo un’empatia quasi ancestrale:  Maddalena, Manon Lescaut e  Marguerite Gautier.

Manon è morta in un deserto, ma tra le braccia dell’uomo che l’amava il quale le scavò una fossa e bagnandola con le sue lacrime vi seppellì il suo cuore. Marguerite, peccatrice come Manon e forse convertita come lei,è morta in mezzo a un lusso sontuoso, ma in mezzo al deserto del cuore, molto più arido, più vasto, più spietato, di quello in cui era stata sepolta Manon.

Maddalena, secondo un’antica leggenda, vestita solo dei suoi lunghissimi capelli attraversa il deserto dopo il fiume Giordano restandovi 47 anni, per espiare il proprio riscatto esistenziale.

La protagonista di “Deserto” è dunque una figura intrisa di tensione, dolore, annichilimento, senso di vuoto, sregolatezza e dissolutezza come conseguenza del bisogno di dimenticare, di espiare, di un’irrequietezza dell’animo e di un’instabilità nervosa.

SINOSSI

L’essere umano ognuno nel suo deserto… persone che si sfiorano, si incontrano, condividono, si ignorano… ma sempre, immancabilmente, nel proprio viaggio esistenziale alla ricerca di qualcosa.

Nel deserto vivono esseri coscienti del loro stato, altri che non lo sono.

Chi è cosciente della sua condizione prova a costruirsi la sua casa. Tra i coscienti c’è chi riesce a costruirsela con più o meno fatica, e altri che non ci riescono ma pur non riuscendoci sanno che lo devono fare. Il perché non c’è: è innato, nell’essere.

Chi non è cosciente del deserto in cui vive invece vive in esso con soddisfazione senza che si ponga delle domande sui perché, il dove, il cosa, il come, e, soprattutto il Chi.

La ricerca di se stessi, e l’attraversamento dei vari stati umani dell’individuo in sé e per forza di cose degli individui attorno a sé, costituiscono il viaggio dello spettacolo.

NOTE COREOGRAFICHE

Deserto è il frutto dell’interazione di differenti livelli artistici: la danza, l’aspetto visuale spazio – luce e la creazione del suono.

Il risultato è la traduzione di un paesaggio interno, emotivo, in un paesaggio esterno.

Deserto è la costruzione di un paesaggio, uno spazio assoluto attraversato contemporaneamente da luce, suono e corpo.

Dal punto di vista coreografico è un lavoro incentrato sul corpo e sullo spazio, o meglio su come due corpi abitano uno spazio dal punto di vista fisico ed emotivo; attraverso l’uso di  luci fredde, soffocanti e annientanti (che creano visivamente pieno e vuoto e sfocano i confini fisici del palcoscenico) ho realizzato un ambiente dove le due essenze danzanti appaiono  immerse come in un non luogo e in un non tempo. 

Ho immaginato un non luogo e un non tempo in quanto credo sia l’unica dimensione in cui trovano modo di esprimersi i sensi primordiali e le pulsioni vitali.

Il lavoro coreografico è stato teso proprio a mettere in scena un’intimità impenetrabile simbolica, in un’atmosfera di totale estraniazione del mondo.

Note sulle musiche

“L’ambiente sonoro è stato creato sui corpi delle due essenze danzanti, immaginando uno spazio costruito su delle luci fredde ma allo stesso tempo avvolgenti. Il viaggio e l’incontro dei protagonisti è assolutamente dentro l’ambiente, e loro sono parte di esso. Primordialità ed assoluto si sfiorano avvicinandosi e interagendo, ma mai incontrandosi, poiché è la loro stessa differente natura ad impedirlo. I suoni e le ambientazioni richiedono un ascolto attento ed evoluto, pur rimanendo fruibili e palesi anche all’orecchio più grossolano in una sorta di creazione di livelli sonori.

Su queste sensazioni sto lavorando sul progetto, con cui mi son da subito trovato in comunione per intenti e missione di divulgazione di tematiche essenziali nella vita dell’uomo, dall’alba del primo dì”.

Gianluca  Alessi